Si ripete la Grindadrap la tradizionale caccia delle Isole Faroe, che ha visto questa volta la morte di 200 balene pilota e 40 delfini, che sono stati macellati per la loro carne, ricca di mercurio e PCB.
SON PRESENTI IMMAGINI CHE POTREBBERO URTARE LA VOSTRA SENSIBILITÀ
Il 29 maggio 2019 gli abitanti di Torshavn, la capitale della remota isola atlantica Streymoy nelle Isole Faroe, hanno inondato il mare con il sangue di circa 250 cetacei intercettati mentre migravano verso nord.
Il branco composto tra le 150 e 200 balene pilota è stato massacrato a riva con macabre lance da caccia, il tutto incorniciato da un mare orribilmente colorato di rosso.
Il gruppo di conservazione Blue Planet Society, che sta anche conducendo una campagna per fermare l’uccisione di balene in Giappone, ha descritto il massacro come “brutale” e “crudele”.
Non solo pescatori ma anche semplici osservatori
I comuni cittadini dell’isola hanno aiutato i pescatori a tirare a terra le balene pilota, mentre altri da semplici osservatori stavano lì radunati davanti al mare rosso per osservare la mattanza.
Si ritiene che anche un gruppo tra i 20-40 delfini, Lagenorhynchus acutus (Lagenorinco dai fianchi bianchi), sia astato vittima della mattanza.
Una mattanza che si ripete ogni anno
La caccia alla balena pilota è soggetta alla legislazione delle isole Færøer, che definisce il quadro per i metodi di cattura, uccisione e attrezzature consentite.
Ogni estate, circa 800 balene e delfini vengono uccisi per la loro carne nelle Isole Faroe, un arcipelago danese situato a centinaia di miglia dalla costa scozzese tra Norvegia e Islanda.
Un portavoce di Blue Planet Society, ha chiesto l’adozione di provvedimenti da parte dell’UE e ha affermato che 500 balene e delfini sono stati uccisi dall’inizio di quest’anno.
Dichiarano: “Le Isole Faroe fanno parte del Regno di Danimarca (un paese dell’UE). Sia le balene pilota che i delfini dai fianchi bianchi sono protetti nell’UE “.
Una tradizione orribile e non salutare
La caccia alle balene nelle Isole Faroe risale alla fine del XVI secolo e coinvolge i residenti che radunano branchi di balene in acque poco profonde.
Quando gli animali sono abbastanza vicini alla riva, un gancio viene inserito nello sfiatatoio per trascinarli ulteriormente sulla riva. Un pescatore userà quindi una lancia spinale, uno strumento ‘obbligatorio’ utilizzato nella caccia alla balena delle Færøer, per pugnalare il collo e tagliare il midollo spinale, interrompendo l’afflusso di sangue al cervello della balena.
I locali, che mangiano carne e grasso e altre parti del corpo, eseguono il macello all’aperto.
Il governo locale afferma che la caccia non è solo sostenibile, ma garantisce che le 18 isole, che hanno opportunità limitate per l’agricoltura, siano il più autosufficienti possibile.
Ogni balena fornisce diverse centinaia di chili di carne e di grasso, cibo che altrimenti dovrebbe essere importato dall’estero nelle isole a un costo per i locali e l’ambiente.
Il governo però non dichiara, come hanno fatto invece ricercatori delle stesse Færøer, che a fianco delle proteine, del ferro e delle vitamine, gli abitanti delle isole Faroer si alimentano anche con alti livelli di mercurio e PCB.
Conclusioni
Serve commentare ulteriormente questa situazione?
Vi ripetiamo quello scritto la scorsa volta sempre in tale occasione
Dietro a questa “esigenza” di carne, sembra esserci invece un barbaro “divertimento” anche perché spesso le immagini mostrano questi animali morti, abbandonati semplicemente in acqua. Inoltre cibandosi di carne di delfino e balena (purtroppo anche di altri animali) si va incontro ad una contaminazione da mercurio, essendone essi contaminati (magnificazione biologica).
Quindi le motivazioni che cercano di giustificare questa mattanza non possono essere assolutamente avvallate, anzi.
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