Dalla pista a una nuova vita: il futuro dei cavalli da corsa

Anche i cavalli vanno in pensione_ il destino dei campioni dopo la pista

Tra gli sport che compaiono alle Olimpiadi, l’ippica è senza dubbio uno dei più affascinanti. Correre al fianco di un cavallo, animale che rappresenta da sempre velocità, forza e grazia, significa vivere una sinergia che nessun altro mezzo meccanico può sostituire.

La massima velocità che l’uomo può raggiungere senza motore è in sella a un cavallo, e questo spiega perché le gare ippiche mantengano ancora oggi un fascino particolare. Ma, come accade agli sportivi umani, anche i cavalli hanno una carriera limitata: la fine delle corse non coincide con la fine della loro vita, e proprio per questo diventa importante chiedersi cosa succede a questi atleti a quattro zampe quando si spengono i riflettori.

Una carriera breve e selettiva

Il percorso per diventare un cavallo da corsa è tutt’altro che semplice. Ogni anno migliaia di puledri vengono avviati all’addestramento, ma solo una piccola parte riesce ad arrivare in pista. Le selezioni sono dure e il numero di incidenti è elevato: circa il 40% degli animali subisce infortuni già nelle prime fasi della doma e tanti di quelli che ce la fanno non riescono a reggere lo stress fisico e mentale della competizione.

La carriera agonistica è inoltre brevissima. I galoppatori raramente superano i quattro anni di gare, mentre i trottatori arrivano in media a otto. Se si considera che un cavallo può vivere tranquillamente fino a 25 o 30 anni, appare chiaro che la fase sportiva occupa soltanto una piccola parte della sua esistenza. Spesso, però, gli ex-corridori vengono abbattuti. Eppure al momento del ritiro l’animale ha davanti a sé ancora una lunga vita che va ripensata e valorizzata.

Cosa succede dopo la pista

Al termine della carriera agonistica, il destino di un cavallo dipende da molti fattori: lo stato di salute, il carattere, la predisposizione a nuove discipline e, soprattutto, la volontà del proprietario. Continuare a gareggiare a livelli agonistici non è possibile: le articolazioni, sottoposte per anni a sforzi intensi, non reggerebbero, e il rischio di infortuni gravi sarebbe troppo alto.

Per fortuna esistono diverse possibilità di “ricollocamento”. Alcuni cavalli vengono riaddestrati per discipline equestri meno impegnative, come il dressage o il salto ostacoli a livello amatoriale. Altri trovano impiego nel polo o nel cross, attività che, pur richiedendo allenamento, risultano meno traumatiche rispetto alle corse ad alta velocità. Ma non solo: sempre più spesso gli ex cavalli da corsa vengono destinati a progetti di carattere sociale o terapeutico, come l’ippoterapia, che sfrutta il contatto con l’animale per aiutare persone con disabilità motorie o cognitive.

Un’altra strada è quella delle fattorie didattiche e dei centri educativi, dove i cavalli diventano protagonisti di attività rivolte ai bambini, insegnando il rispetto e la cura degli animali. In questi contesti, il cavallo non è più visto solo come atleta, ma come compagno capace di trasmettere calma, sicurezza e senso di responsabilità.

“Oltre l’ostacolo del fine carriera”: il progetto MASAF e FISE

In Italia, fino a pochi anni fa, il futuro dei cavalli da corsa dopo la carriera era lasciato quasi interamente all’iniziativa dei singoli proprietari o di associazioni private. Oggi la situazione sta cambiando grazie a un accordo tra il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf) e la Federazione Italiana Sport Equestri (Fise).

Il progetto, nato nel 2024, si pone l’obiettivo di garantire un futuro a questi animali attraverso tre percorsi principali: sportivo, terapeutico e sociale. In pratica, i cavalli ritirati vengono valutati dal punto di vista fisico e caratteriale; se idonei, seguono un percorso di riaddestramento e poi vengono inseriti in nuove attività. Chi ha ancora energie può cimentarsi in discipline equestri meno impegnative, chi ha un carattere particolarmente docile può essere destinato all’ippoterapia, mentre altri trovano spazio in contesti educativi.

L’iniziativa prevede anche l’assegnazione dei cavalli a centri affiliati alla Fise, dove vengono garantite le cure necessarie e un ambiente adatto. In questo modo, non solo si valorizza l’animale, ma si riduce anche il rischio di abbandoni o destinazioni meno nobili.

Esperienze oltreconfine

Guardando all’estero, si trovano esempi virtuosi che dimostrano quanto sia possibile e utile investire sul futuro degli ex cavalli da corsa. Nel Regno Unito, ad esempio, esistono organizzazioni che si occupano da anni di raccogliere fondi, gestire centri di riqualificazione e promuovere il reinserimento degli animali in nuovi contesti sportivi o sociali. Queste realtà hanno contribuito a cambiare la percezione del cavallo ritirato, trasformandolo da “peso economico” a risorsa preziosa per la collettività.

Anche in Francia e in Germania esistono programmi simili, spesso sostenuti da federazioni ippiche e associazioni animaliste. Il modello che si sta sviluppando in Italia con Masaf e Fise si inserisce in questa linea europea, e potrebbe rappresentare un punto di riferimento per altri Paesi che ancora non hanno strutturato percorsi di questo tipo.

Le ombre da non dimenticare

Nonostante i progressi, la realtà non è sempre rosea. Non tutti i cavalli trovano una nuova collocazione e, purtroppo, alcuni finiscono abbandonati, a gareggiare in corse clandestine o avviati al macello. Nonostante questo accada soprattutto quando il mantenimento diventa troppo costoso o quando manca una rete di sostegno, il fatto che FISE non si impegni a tracciare questo tipo di comportamento e a provvedere a sanzioni adeguate è estremamente grave.

Dove non arriva il bastone, lo fa la carota. È quindi fondamentale che i progetti istituzionali vengano rafforzati e ampliati, e che cresca la consapevolezza sociale sul valore di questi animali anche dopo la carriera sportiva.

Una seconda vita possibile

La pensione di un cavallo da corsa non deve essere vista come una fine, ma come un inizio. Con i giusti programmi, questi animali possono continuare a dare molto: nello sport, nelle terapie, nell’educazione. Il loro valore non si esaurisce con l’ultima corsa, anzi, può assumere nuove forme ancora più significative.

Il futuro dell’ippica, e in generale del rapporto tra uomo e cavallo, dipenderà sempre di più dalla capacità di dare un seguito dignitoso e utile alla vita dei cavalli atleti. In questo modo, la corsa che li ha resi celebri non si concluderà al traguardo, ma continuerà a lasciare un segno profondo nella società e nella vita delle persone che li incontreranno.